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IL Bullismo

 

Definire che cosa sia il bullismo (bullying), ma soprattutto riuscire a delinearne le cause, non è un’ impresa facile.Forse il modo migliore per fare chiarezza su questo fenomeno è partire dalla sua definizione scientifica. Secondo Dan Olweus, lo studioso scandinavo che per primo studiò il fenomeno su larga scala nel 1978, “un bambino subisce prepotenze, ossia è vittima di bullismo, quando è esposto ripetutamente e per lungo tempo alle azioni ostili di uno o più compagni” e quando queste azioni sono compiute in una situazione di “squilibrio di forze, ossia una relazione asimmetrica: il ragazzo esposto ai tormenti evidenzia difficoltà nel difendersi” (Olweus, 1986, 1991) . Si tratta di una definizione più complessa di quanto non appaia a prima vista, in quanto non si riferisce ad un singolo atto, ma ad una situazione relazionale considerata nel suo svolgersi nel tempo. Ciò potrebbe spiegare perché per gli adulti della scuola (docenti e non) sia spesso difficile osservare e riconoscere atti di bullismo.


In base alle modalità con cui viene agita questa forma di prepotenza è possibile distinguere un bullismo, per così dire, diretto: attraverso

 l’uso delle parole (per esempio minacciando, prendendo in giro,ingiuriando) o ricorrendo alla forza e al contatto fisico (picchiando, spingendo, prendendo a calci, tormentando o dominando un altro). Vi è poi una forma di bullismo indiretto quando le prepotenze vengono agite senza l’uso delle parole o del contatto fisico: beffeggiando qualcuno, con smorfie o gesti sconci, escludendolo intenzionalmente dal gruppo ecc.
Risultano ormai accertati tre elementi (Fonzi A., 1997) caratterizzanti il fenomeno del bullismo, i primi due a carico di colui che compie l’azione, il terzo riguarda invece la situazione nella sua globalità:


1.intenzionalità: il bullo vuole non per caso, ma intenzionalmente, provocare un danno alla vittima;


2.persistenza: non si tratta di episodi isolati ma ripetuti da parte del bullo nei confronti di un particolare compagno;


3.disequilibrio: c’è uno squilibrio di potere e di prestigio tra i due autori del dramma, il bullo e la vittima.


Fonzi A. , più che di cause, preferisce parlare di variabili che incidono in misura diversa a seconda dei contesti e dei soggetti in essi implicati. Queste variabili sono:


ETA’: I risultati degli studi concordano sul fatto che il fenomeno subisce una sensibile diminuzione nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria. Tutto lascia supporre che vi sia un incremento fin verso gli otto anni per poi avere inizio una diminuzione. Anche se tutti i ricercatori sono concordi con questa conclusione rimane aperto un interrogativo: questa diminuzione dipenderebbe da una maggiore consapevolezza morale dei ragazzi o questa diminuzione è accompagnata ad una maggior crudeltà e gravità degli episodi anche se limitati?


SESSO: Si pensa, e la letteratura internazionale ne dà conferma, che il bullismo sia appannaggio quasi esclusivo del genere maschile. Questa certezza crolla nel momento in cui si fa riferimento alle ricerche condotte in Italia (Fonzi, 1997a). Su tutto il territorio nazionale si è riscontrato che le femmine che si dichiaravano prepotenti raggiungevano percentuali consistenti e molto maggiori che altrove, mettendo in crisi l’immagine tradizionale della donna disposta e abituata a ricevere prepotenze piuttosto che a farle.
 

CLASSE SOCIALE: I risultati a questo riguardo sono piuttosto controversi. Se alcune ricerche, soprattutto in Gran Bretagna, tendono a trovare un rapporto tra bullismo e svantaggio sociale, in altre ricerche condotte in Svezia, Spagna e Portogallo tale rapporto non sembra esistere. Anche in Italia i risultati (Fonzi, 1997a) rilevano che ciò che influisce maggiormente sul bullismo non è tanto la classe sociale di appartenenza o il livello economico, ma è l’ambiente ecologico, il quartiere e la zona della città in cui i ragazzi vivono.


FAMIGLIA: Molto si è indagato sul peso delle relazioni familiari, in particolare del clima educativo creato dai genitori, anche qui con risultati divergenti. Se, in alcuni casi, un’educazione permissiva è stata considerata, se non la causa principale, almeno una concausa del comportamento aggressivo dei figli, in altri sono stati indicati come principali responsabili l’eccessiva severità e l’autoritarismo. Sono meno controversi i dati che si riferiscono alla vittima, che risulta indebolita nella propria autostima da atteggiamenti iperprotettivi dei genitori e da un nucleo familiare troppo coeso. ( Fonzi, 1999).


PERSONALITA’: E’ questo il fattore sul quale si è concentrato il maggior numero di ricerche, tese a tracciare una sorta di identikit del bullo e della vittima. Nel bullo sono state identificate caratteristiche personologiche come: aggressività generalizzata, impulsività, irrequietezza, scarsa empatia e atteggiamento positivo verso la violenza. Nella vittima, per converso, sono state identificate caratteristiche come: ansia, insicurezza, scarsa autostima. Bulli e vittime risultano entrambi differenziarsi dai compagni per alcune caratteristiche, accumunati da un’unica piattaforma disadattiva, seppure articolata in direzioni spesso diverse. Infatti sembrano entrambi accomunati da una sorta di analfabetismo emotivo e sociocognitivo, sono entrambi socialmente sgrammaticati, pur muovendosi però su traiettorie che non si incontreranno mai.

Due ricercatrici dell’Università di Firenze, Ersilia Menesini e Annalaura Nocentini, hanno recentemente presentato, in un volumento dal titolo Bullismo e comportamento a rischio in adolescenza, i risultati di una ricerca triennale condotta nelle scuole superiori di Lucca e provincia. Ciò che emerge è sconcertate: nella sua definizione peculiare, come comportamento di prepotenza nei confronti del compagno di scuola, è in netta diminuzione rispetto alle età precedenti, ma al suo posto subentrano comportamenti violenti e aggressivi più generalizzati, che investono tutta la vita di relazione, al di fuori della scuola e nei rapporti con l’altro sesso (cresce la casistica di molestie sessuali da parte di coetanei).

Perché un bambino si mette a fare il bullo?

Perché i bambini reagiscono diversamente alle brutture della vita. Alcuni bambini a cui è capitato qualcosa che emotivamente hanno percepito come estremamente distruttivo per se stessi, si chiudono in un guscio e diventano aggressivi con gli altri, soprattutto con chi gli ricorda la loro debolezza.

Molti, troppi sono i motivi per cui la scelta di chiudersi in se stessi: percosse subite, abuso infantile, paura di non essere amati, non essere amati, l'abbandono, la morte di un genitore in tenera età, bambini che ricevono troppi rifiuti, bambini che vengono continuamente disconfermati, bambini che hanno continue relazioni con gli adulti basate sul potere, che hanno assistito a scene di violenza tra i genitori, che hanno provato un senso di impotenza profonda...

Quando l'amore di cui si ha bisogno diventa una esperienza fortemente dolorosa (come quelle appena sopra elencate), molti bambini scelgono di affrontare la vita con odio e rabbia, autoconvincendosi di non aver bisogno di quell'amore (invece vitale), desiderato nella loro testa, solo dai più deboli.

Cosa scatena il comportamento aggressivo?

Il comportamento aggressivo nasce come difesa da un profondo dolore, quindi può succedere che il bambino che ha fatto il bullo incontri un bambino che gli ricorda le sue emozioni dolorose e la sua voglia di essere amato, che nella sua testa ora associa a sentimenti di debolezza. Per non'ascoltare' questo, può picchiarlo o prenderlo in giro. La stessa cosa potrebbe accadere perché il bambino aggressivo prova invidia per suo fratello o per un suo compagno di scuola perché crede che gli abbia rubato l'amore della mamma o della maestra. Così lo picchia. Anche se ciò non corrisponde a realtà, conta ciò che il bambino percepisce. Ed anche in questo caso la richiesta ultima è proprio quella di essere amati. A volte, odiare qualcuno e colpirlo o comportarsi male con lui è un modo per esprimere un intenso bisogno di quella persona, da cui molto probabilmente il bambino non riceve l'amore e le attenzioni di cui ha bisogno per crescere sano. Come accade quando un figlio si comporta male con il genitore.

 

Quali conseguenze?

 

La scelta del tutto inconsapevole di questi bambini di chiudersi alle emozioni e di diventare aggressivi procura loro non poche conseguenze che, purtroppo, alimentano la loro scelta creando un circolo vizioso difficile da rompere. Sono bambini che non solo hanno limitato la loro capacità di sentire emozioni proprie, così da non poter essere più in grado di provare empatia verso i propri compagni o amici, ma stimolano negli altri e soprattutto negli adulti dei sentimenti di repulsione e di aggressività. Molte maestre che hanno a che fare con bambini aggressivi raccontano di essere molto più punitive con loro piuttosto che con gli altri alunni. La conseguenza è che avendo ricevuto una risposta aggressiva, il bambino che fa il bullo si sente ancor più incentivato ad avere pensieri del tipo "non mi vuole bene, ma io non ho bisogno di lei", aumentando il grado di frustrazione, di rifiuto, di impotenza che accresce l'aggressività verso se stesso e quindi verso gli altri. Ciò rende sempre più impossibile l'accorgersi che questi bambini hanno un grande bisogno di amore. Continua........

 

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Fonte:
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Dott.ssa Lorenza Casinelli;
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Fonzi A. (1995), Bullismo, la storia continua, “Psicologia contemporanea”,197,28-36.
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-Fonzi A. (1997a), Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia. Ricerche e prospettive di intervento, Firenze, Giunti.
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-Menesini E., Nocentini A. (2003), Bullismo e comportamento a rischio in adolescenza, Lucca, Assessorato Pubblica Istruzione.
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-Nizzoli U., Colli C (2004), Giovani che rischiano la vita,McGraw-Hill.
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M. Sanderland, Aiutare i bambini che fanno i bulli, Erickson.
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Polizia di Stato.
 

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